Se la durata è la forma di tutte le cose, come diceva Marco Pannella, leader radicale, abbiamo un problema serio di consistenza del e nel discorso pubblico. Anzi, più esattamente ne abbiamo due di problemi, ovvero due fenomeni opposti ma contemporanei, che come due poli si attraggono fino a toccarsi e a chiudere ogni spiraglio per possibili evoluzioni del e nel discorso collettivo.

I due fenomeni possono essere rappresentati da una, anzi due immagini, metafore, esempi. Immaginate una cena, con una decina di commensali, magari al fresco sotto un pergolato, con coppie di ogni età, ma tutte adulte, si conversa all’apparenza amabilmente e tra un bicchiere di rosso e una portata tutti parlano a ruota libera, senza ascoltare le risposte degli altri invitati, ma soprattutto cambiando argomento, senza alcun collegamento logico al precedente, ogni cinque, massimo sei minuti. Si va dal Mes alle relazioni di coppia, dal “sai quando mi hanno fissato la visita?” al “hai visto quanto costa la frutta?”, dai migranti all’aborto, dalla politica al calcio, dai giovani agli anziani, tutto velocissimo, senza dimenticare il caldo record e le compiante mezze stagioni, ogni cinque minuti si cambia argomento, dunque hai giusto il tempo di una frase, massimo due, certamente a slogan e poco ragionata. E questo è il primo esempio, il primo polo: ogni argomento è buttato fuori uno via l’altro come le palline da tennis da una macchina sparapalle per allenamenti e non importa se qualcuno di là dalla rete risponde e/o dove va la pallina. Il secondo esempio è sempre una cena, una cena che però si ripete tutte le sere, sempre sotto lo stesso pergolato, sempre più o meno gli stessi invitati, e tutte le sere si parla di uno e un solo argomento, facendo sempre le stesse domande, quasi non badando alle stesse risposte e replicando il tutto anche la sera successiva: stesso argomento, stesse domande, stesse risposte, stesso copione, nessuna evoluzione.

Ecco, sarà colpa della tv, dei social, della stampa, della nostra scarsa propensione alla costruzione di un discorso che si evolva, magari partendo da un dubbio, più che di una certezza, sarà, sarà, sarà, ma quel che sta avvenendo è che nel discorso pubblico tutto sembra o la stantia ripetizione dell’identico o la polverizzazione di ogni tema in tanti hashtag, slogan che durano lo spazio di una battuta. Questa schizofrenia del discorso pubblico, con tanto di intellettuali anche raffinati ed esperti di vaglia costretti al ruolo di comparse a seconda della bisogna, può anche essere alla base delle vertiginose oscillazioni elettorali in su e in giù di forze politiche troppo attente alla tendenza del momento e poco propense – loro come noi, ma in fondo è la politica che rappresenta gli elettori, dunque noi elettori non ci possiamo certo chiamare fuori – poco propense, dicevamo, a fare la fatica di costruire discorsi e conversazioni che abbiano una bella durata, una buona partenza, una vera evoluzione.