In bilico tra Nietzsche e Charles Bukowski

Connubio importante quello tra cocktail e film. Protagonisti di pellicole cult come personaggi minori hanno mostrato di apprezzare il gusto di questi mix in grado di ingannare l’attesa o di alimentare la conversazione, di essere parte importante di pellicole che provano a lasciare il segno. E in tanti casi ci riescono.

Sara Magnoli fa una completa analisi di questo fenomeno che non può essere circoscritto al semplice episodio cinematografico ma va oltre e disegna uno spaccato sociale e culturale. Da analizzare con cura. Primo elemento da prendere in considerazione, quindi, è quello del ruolo del cocktail dentro la frenetica vita moderna e pure di quella più placida di oltre cinquant’anni fa. Due sono gli emblemi principali. Li sceglierei nel Grande Lebowsky dei fratelli Cohen e in Colazione da Tiffany con l’immensa Audrey Hepburn. In entrambi i casi il mix alcolico è sinonimo di evasione ma, se nel primo film, rappresenta quasi una misura di vita, un modo per restare dentro un mondo fatto di sregolatezze, aggiungendone di nuove, nell’altro si presenta come parentesi gustosa dentro un’esistenza (quasi) normale che si trasforma in un sogno. La perpetuazione della trasgressione è possibile grazie al White Russian nella pellicola che ha come protagonista il Drugo Jeff Bridges, mentre è emblema di trasformazione nello stupendo lavoro del 1961. Dunque, come proiettare tutto ciò nella società che i film rappresentano?

Si potrebbe citare Friedrich Nietzsche per prendere in mano il bandolo della matassa. Il filosofo tedesco mette a confronto come due facce della stessa medaglia l’apollineo e il dionisiaco. Nell’uomo esiste una doppia valenza di costruire e di distruggere, la forza vitale si esprime attraverso la saggezza, la moderazione che porta a realizzare i propri obiettivi che nulla sarebbero, però, se non animati da una oscura forza propulsiva che, se non viene incanalata, ci porta all’annientamento. Cosa c’entra tutto ciò con i cocktail? Semplice, questi carburanti vitali che tanti film ci raccontano con dovizia di particolari, altro non sono se non l’espressione del dionisiaco che c’è in noi, uno stato dell’essere caratterizzato dall’esaltazione, dall’ebbrezza spirituale e fisica, dalla necessità di trasferire il proprio io nei riti orgiastici di Bacco. Ne usciremo vivi? Sì, se sapremo compensare questa forza con le redini della parte apollinea. Non è facile ma ci possiamo provare. E se non ci riusciremo, affogheremo la nostra delusione in un cocktail guardando un bel film che ci indurrà a non mollare il bicchiere. Ve lo ricordate Barfly, il film sulla vita di Charles Bukowski. Vi verrà una voglia matta di bere, dopo averlo visto. Andateci piano, però. La vostra vita non è un film.