Una tazza di tè per Putin e Netanyhau

La storia si scrive attorno a una tazza di tè, una bevanda che non è mai passata di moda e che trasmette calma, tradizione, voglia di parlarsi senza alzare la voce, rilassati, pronti ad ascoltare, non solo a spiegare le proprie ragioni. Prima e dopo si può anche fare la guerra ma in quella parentesi sospesa nel tempo in cui i grandi del mondo si sono fermati per bere un tè è sembrato che parlassero la stessa lingua, convinti di andare d’accordo, di vivere in pace e di trasformare il pianeta in un luogo dove regna la concordia assoluta.

Quante tazze di tè ci vorrebbero in quest’epoca di guerre disumane? Tante. E forse non basterebbero. Ma la speranza, come dice l’antico adagio, è l’ultima a morire quindi è giusto dare una chance a quella bevanda magica che, nel corso della storia, ha fatto miracoli. La tradizione britannica conferisce al tè questa capacità taumaturgica, quindi sarebbe bello mettere al tavolo, in questo momento, i capi di Hamas con Benjamin Netanyhau, oppure Vladimir Putin con Volodymyr Zelensky. Chissà cosa ne uscirebbe? Noi siamo sognatori e ci illudiamo che sia una cup of tea a risolvere i mali del mondo. Purtroppo non è così. Potremmo allora proporre le classiche ricette italiane dei tarallucci e vino o della pizza. Ma è difficile ottenere il risultato sperato perché ormai il livello dello scontro e dell’incomprensione è talmente alto che non bastano gli ingredienti del buonsenso per arrivare a una soluzione. Dobbiamo allora accontentarci di sorseggiare un tè guardando la televisione, mentre scorrono le immagini dei massacri, mentre vengono mostrati al mondo i gravi difetti del genere umano.

Passano gli anni, si succedono le epoche ma non c’è verso di comprendere che l’egoismo porta sempre e soltanto alla distruzione. Eppure lo sperimentiamo tutti i giorni. Vediamo i cadaveri del Medio Oriente o i morti sul fronte orientale e non ci domandiamo perché la spirale di violenza continui indisturbata a causare i suoi guasti. Basterebbe fermarsi un attimo. Scendere da quel Treno per il Darjielin che raccontava Wes Anderson nel famoso film che diversi anni fa presentò al festival di Venezia per capire che la vita non è una corsa all’impazzata verso il nulla ma un’avventura magnifica da vivere giorno per giorno. Con calma.
Il riferimento al Darjielin non è casuale. Richiama una delle terre indiane più famose per la produzione del tè nero. Sarà un caso (ma forse no). L’indicazione chiara di quel film è di fermarsi un attimo per riflettere. Sorseggiare quella magica bevanda ci aiuta a tornare in pace con noi stessi. E a capire gli altri. Per smettere – finalmente – di fare la guerra. E non sarà (si spera, un giorno) solo un momento passeggero.