Anche l’idea che una fotografia sia una grande menzogna è un po’ come la scoperta dell’acqua calda. L’obiettivo di una macchina fotografica è sempre un punto di vista particolare: può escludere elementi della realtà, distorcendo la comprensione del luogo ritratto, o può modificarne la natura con effetti banali provocati da accorgimenti altrettanto semplici, per chi (a differenza del sottoscritto) se ne intende, come il tempo di esposizione. Ma per scoprire che possa essere una menzogna globale sono dovuto andare quasi fino al Polo nord. Lo so, scusate, forse sono un po’ gnucco. Ma come, non sai – direte – che esiste photoshop e che la modella tal delle tali o l’attore tal dei tali sono meno lontani da noi comuni mortali di quel che sembra grazie a photoshop, appunto, o a una qualunque app gratuita che trovi in rete, ti toglie le rughe e ti fa avere una immagine profilo di whatsapp che chiama corteggiatori o corteggiatrici? Certo che sì, ho buoni consulenti digitali attorno e non sono poi così indietro, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo l’aurora boreale, il vento solare, il sole di mezzanotte, le previsioni di una stazione spaziale a 45 minuti dalla terra. Mammia mia, tutto così poetico anche nei termini.
Ecco perché sono dovuto andare al Polo nord, anzi, un po’ più giù per la verità e per il bene del mio freddo alle mani. Le foto dell’aurora boreale che vediamo in rete e sui social sono sontuose e fantastiche. E in effetti l’aurora boreale è sontuosa, fantastica e misteriosa. Se poi hai la fortuna di vederla all’improvviso mentre entri in casa e in città, la bellezza sorprendente vale il costo del biglietto per Tromso e pure oltre. E chi se ne frega degli scali e dei ritardi degli efficientissimi nordici. Ma il punto vero è che l’aurora boreale è una cosa diversa da quello che si vede sui social, in rete, nelle foto. Bella scoperta! Ecco. Come ho scoperto l’acqua calda? Provando a fare fotografie con il telefonino: sfuocatissime, senza colori, praticamente buie, altro che smartphone. Guardando le fotografie fatte dalla nostra guida con tanto di fotocamera, cavalletto e tempo di esposizione giusto. Ed ecco librarsi in cielo un apostrofo verde tra le parole “l’aurora boreale”.
Insomma, la macchina vede cose diverse dalla persona. Anche qui, bella scoperta. La macchina però vede, ma non sente. Aribella scoperta. Stiamo riscoprendo la prensenza, con tutte le cautele del caso Covid ancora aperto, perché è sempre più evidente che le macchine risolvono un sacco di problemi, mostrano cose invisibili, ma non hanno il tasto delle emozioni. Almeno per ora. Almeno per ora, quindi, l’aurora boreale vista con i miei occhi è meno bella, ma più bella di quella vista sul mio smartphone. Bella scoperta, è l’acqua calda vivere. © RIPRODUZIONE RISERVATA