Natale con gli occhi del piccolo Giosué

Non è Natale se non ci sono i mercatini. Una moda che arriva dai Paesi nordici ma che si è diffusa anche da noi, impegnando i Comuni in una corsa a fare meglio e di più. La pubblicità è l’anima del commercio e il commercio è l’anima delle città. Grazie ai mercatini si prova a rilanciarle con la valorizzazione dei centri storici, cuore pulsante di una provincia in cerca d’identità. E i risultati si vedono: arrivano i visitatori (che non sempre sono anche compratori) e l’atmosfera del Natale si fa più calda, più sociale. Ben vengano, allora, i mercatini. A patto che non facciano troppa concorrenza ai negozi (non sia mai) che già sono in crisi per tutta una serie di motivi che non è questo il posto giusto per elencare.

Guardiamo, allora, all’aspetto positivo. Alla carica di festa che portano con sé i mercatini. Di questi tempi ce n’è tanto bisogno perché siamo afflitti da mille pensieri negativi. In prossimità del Natale ci interroghiamo, con ancora più forza, sulla disumanità della nostra società, sulla violenza che impera, sulle tante notizie di cronaca nera che ci rimbombano nel cervello. Feriti dalle stragi familiari, annichiliti di fronte al moltiplicarsi dei femminicidi. E che dire, della crisi economica? Papa Francesco ha appena celebrato la giornata mondiale dei poveri. «Pensiamo alle tante povertà materiali, alle povertà culturali, alle povertà spirituali del nostro mondo – ha detto il Papa durante l’omelia della messa celebrata in San Pietro – pensiamo alle esistenze ferite che abitano le nostre città, ai poveri diventati invisibili, il cui grido di dolore viene soffocato dall’indifferenza generale di una società indaffarata e distratta». Anche in questo caso, è difficile rimanere insensibili. Ma sarebbe sbagliato chiudersi nel guscio del negativismo perché la nostra mente finirebbe in quel circolo vizioso che porta a moltiplicare l’effetto devastante del pessimismo e dell’egoismo. Stritolati dentro la morsa di ciò che fa male a noi e agli altri.

Per conservare quel briciolo di speranza, come sempre accade, c’è un’unica via d’uscita: ripartire dalle piccole cose. E, in questo caso, i mercatini diventano una specie di manifestazione taumaturgica. Ci fanno, cioè, vedere il bene e il bello anche in un ambiente che parte da opposti presupposti. È il meccanismo tipico dei bambini, abituati a rielaborare in meglio anche ciò che di brutto esiste nella realtà. Vi ricordate Roberto Benigni nella Vita è Bella? Ecco, bisognerebbe provare a imitare le sue bugie a fin di bene raccontate al piccolo Giosuè dentro il campo di concentramento. Con un vantaggio. I mercatini non sono una bugia ma una piccola-grande parentesi dentro una vita piena d’insidie. Un antidoto ai tanti mali di questa società, nel nome del Natale. Vale la pena farci un giro. Se non altro, almeno per distrarsi.