
L’idea di ricominciare da metà, non da capo, è tanto affascinante quanto lontana dalla vita di tutti, dalla carriera delle star e dei campioni soprattutto. Perché anche chi ha riscosso e riscuote grandi successi non esclude a priori l’ipotesi dell’essere protagonista di un grande fallimento e del dover ricominciare da zero. Più difficile, psicologicamente, socialmente, personalmente, è ricominciare dal mezzo, dal medio, accettare di passare dai vertici alla mezza classifica, dalla testa di serie alle wild card, gli inviti personali ai tornei che contano. Per questo motivo sono innamorato (della storia) di Andy Murray, antipaticissimo tennista britannico, per l’esattezza scozzese, diventato simpaticissimo sportivo combattente, per l’esattezza eroico, sopravvissuto a una serie sterminata di problemi di salute. Intanto lui e il fratello Jamie di sopravvivenza se ne intendono, visto che nel 1996 scamparono a un massacro in una scuola elementare di Dunblane, quando un uomo armato uccise 16 bambini e un insegnante prima di suicidarsi, mentre i due Murray si salvarono nascosti sotto il tavolo nell’ufficio del preside. E già questo basterebbe. Ma qui parliamo di un tennista che ha vinto tutto, che è stato numero 1, che è Sir, che ha riportato la bandiera britannica a conquistare Wimbledon e per due volte le Olimpiadi. Qui parliamo di un assoluto numero 1 che improvvisamente si trova a dover adattarsi al medio. Prima la schiena e poi l’anca, con due operazioni chirurgiche, lo portano a un continuo balletto tra il ritiro e riprovarci. E lui combatte, si adatta, accetta il destino clinico e baro, ma non molla mai. Oggi, all’età di 34 anni, è attorno al 134° posto nella classifica Atp. Ma c’è. C’è stato ancora perfino a Wimbledon. Ha sempre avuto un gioco molto particolare, d’anticipo spesso, ma soprattutto capace di colpi straordinari pur giocando quasi sempre in difesa. Insomma, quando è messo decisamente alle corde, nell’angolo, quasi al tappeto, risponde con momenti di maestria tennistica indiscussi, tanto che appunto alla risposta soltanto Novak Djokovic gli viene considerato superiore. E la risposta a tutto quello che gli è accaduto è la cifra della sua professionalità, la grandezza del suo talento. Un tempo non era molto amato, dicevamo “antipaticissimo”, ma il Regno era unito anche nella gratitudine nei suoi confronti per riaver riportato la Gran Bretagna in cima allo sport dei gesti bianchi. Ora invece è sempre più apprezzato e stimato. Perché sono buoni tutti a ricominciare da capo con gli stessi mezzi, provate voi a ricominiciare da metà, con metà di tutto quello che avevate.
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