Tranquilli, qui non si parla di malattie, di questioni cliniche o di scienze esatte! Solo una chiacchierata leggera, un pensiero empirico, una cosetta popolana. Il titolo poi dice testualmente quel che viene offerto, sono consigli alla buona, non c’è trucco e non c’è inganno. Qui si discute di come vengono trattate generalmente le persone dotate di quella stupenda qualità che è la pazienza. Una dote di cui abusano sia gli impazienti sia molti di coloro che quotidianamente cataloghiamo come detentori di un qualsivoglia potere. Diciamolo, il nostro è un popolo strano, indisciplinato, pasticcione e a suo modo anarchico, ma è sostanzialmente paziente. In alcuni casi al limite della connivenza con chi questa dote, cinicamente e sistematicamente, la sfrutta.  Bella dote sì, la pazienza, e però il manuale per il trattamento delle persone che ne sono fornite, qualora ne venisse in futuro stampato uno, dovrebbe consigliare, già dal primo capitolo, di non tirare troppo la corda. Insomma di non abusare di chi esercita quotidianamente tolleranza e sopportazione rispetto a quel che gli accade intorno. Il manuale dovrebbe davvero ricordare a chi esercita il potere di non ritenere che si possa costantemente profittare di chi sa accettare con animo calmo dolori, sofferenze, difficoltà e avversità. E poi che non si deve avanzare sulla vita dei tolleranti come se si marciasse con uno schiacciasassi, aggiungendo ogni giorno un nuovo carico su spalle già gravate. La storia è ricca di pazienze che sembravano infinite e che poi, improvvisamente, lasciano spazio ad altro. Con grande sorpresa e scorno di chi si trova di fronte ad uno scenario inatteso. Solo la condivisione, questo potrebbe suggerire il manualetto, permette di continuare ad usufruire della disponibilità dei pazienti. Ma non è detto che ciò basti all’infinito. I governanti e coloro che guidano gli altri dovrebbero sempre ricordare che una dote come questa andrebbe coltivata e nutrita, sostenuta e protetta e non scambiata per indole servile o debolezza congenita. Certo fa parte della natura umana cercare di valicare i confini, un passo dopo l’altro, ma è un errore ritenere che le avanzate, le conquiste, le imposizioni progressive portino al dominio definitivo. Avviene di rado e mai per tempi lunghi. Un buono stratega dovrebbe tenerne conto, se non per intelligente umanità quantomeno per oculato calcolo. Frustare i cavalli per arrivare alla meta, qualunque essa sia, non è un buon metodo. Si rischia di rimanere col sedere per terra. E questo vale per la gestione della quotidianità come per quella di grandi sconvolgimenti o cambiamenti epocali. Un politico, un amministratore di qualsiasi livello, una persona di comando che sia un minimo intelligente sa, o è bene che lo apprenda in fretta, che le persone in grado di controllare la propria emotività e di proseguire comunque nell’azione sono una ricchezza e non vanno penalizzate. Scambiare un popolo, o una qualsivoglia comunità, per un gregge da tosare è una sciocchezza tremenda. E alla fine costa sempre cara.

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