Una lampada, un frigorifero e un’aspirapolvere. Tre elettrodomestici sulla copertina del primo disco dei Cure per dire cosa? Niente, forse lo scopo del produttore Chris Parry era solo quello di attirare l’attenzione. Operazione riuscita perché i giornalisti – era il lontano 1979 – cominciarono a domandarsi a chi si riferissero i tre dispositivi. Se Robert Smith (il cantante e chitarrista) fosse l’aspirapolvere, Lol Tolhurst (il batterista) il frigorifero e Michael Dempsey (il bassista) la lampada, per esempio. Ognuno poteva decidere a chi attribuire l’apparecchiatura, tanto una soluzione non c’era e i componenti della band – che ha suonato giusto settimana scorsa al Mediolanum Forum di Milano – si divertivano a scambiarsi di ruolo tanto loro con quella copertina c’entravano poco o nulla. Nemmeno l’avevano vista prima che il disco fosse mandato alle stampe. Lo ha ammesso lo stesso leader del gruppo anni fa in un’intervista a Rolling Stones. Essendo il primo album né lui, né gli altri componenti dei Cure avevano potuto interferire sulle scelte del produttore. Non sarà così per gli Lp successivi.
Già da questo esordio – di straordinario impatto creativo e musicale – si capisce però la filosofia dei Three Imaginary Boys (così si chiama il loro primo disco). La spiegazione delle loro canzoni – in una carriera che è durata e dura da più di quarant’anni – si trova tutta in quella copertina ed è l’impossibilità di “trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha”, ha cantato qualche anno dopo Vasco Rossi. Dunque, ritornano i tre elettrodomestici su sfondo rosa per porci delle domande e per cercare di andare oltre quello che gli stessi Cure affermano in uno dei loro successi più acclamati ma anche meno suonati dal vivo forse per quelle accuse di razzismo che, in verità, non stanno né in cielo né in terra: Killing an Arab (uccidendo un arabo). Dicono: “Whichever I chose it amounts to the same, absolutely nothing”. Ovvero: qualsiasi cosa io scelga è sempre lo stesso, assolutamente niente.
Non ci vuole molto a capire il perché del successo di questa band che un tempo veniva definita di quel filone dark wave che tanto piaceva ai giovani degli anni Ottanta, a quelli che si contrapponevano ai paninari ma non avevano la stessa rudezza dei metallari. I Cure hanno rappresentato per intere generazioni la non risposta verso le domande importanti della vita. Tre elettrodomestici erano lì a dire che nulla si spiega se non può essere spiegato. A meno che – e l’abbiamo scoperto solo dopo – ci viene in soccorso la tecnologia. Con l’uso degli strumenti scientifici pensiamo di avere capito tutto della vita e del mondo. Ma forse non è proprio così. Ce ne stiamo accorgendo in quest’epoca che ci permette di rispondere a tutte le domande chiedendo a Siri o a Google. Ma qualcosa ancora – e per fortuna – ci sfugge.