Il gufo spaventa Di Caprio ma non Scorsese
Il gufo reale Elisheva (Eli per gli amici) è diventato una star su internet. I suoi video sono virali e raccoglie milioni di visualizzazioni. Il merito è di una delle scene dell’ultimo film di Martin Scorsese Killers of the flower moon, quando appare alla mamma della protagonista femminile, la bella Mollie che ha sposato uno strampalato ma sempre affascinante Leonardo Di Caprio (Ernest Burkhart). Il gufo compare come una visione a Lizzie che è malata da tempo. Le annuncia la sua prossima dipartita. Che avverrà. È un messaggero di morte e così viene dipinto questo animale, non solo nel film di Scorsese, ma nell’immaginario collettivo. Eppure la sua presenza dentro la grande saga degli indiani Osage – che il regista americano descrive con acutezza e con la capacità di capovolgere tanti luoghi comuni ma mostrando nella sua essenza quella che è la vita dell’umanità a caccia di ricchezze e di benessere ma impotente di fronte al fato avverso e alla cattiveria dei mortali – non è foriera di fine, di termine ultimo e di caduta nel nulla ma di liberazione dai vincoli di una condizione che ci sta stretta. Il gufo diventa perciò portatore di vita e non di morte. Con questa breve apparizione, il gufo al cinema diventa simpatico pur con quegli occhi che penetrano sotto le pelle delle persone per andare a colpire l’anima.
D’altronde si potrebbe risalire dentro la storia alla sua origine infausta, ci sono lunghe narrazioni che confermano questo ruolo così scomodo e così ultimativo. Ma noi vogliamo andare controcorrente e spingerci anche oltre Scorsese per lasciar da parte la stessa ritrosia di Leonardo Di Caprio che, raccontano, il giorno in cui è stata girata la scena di Lizzie con Elisheva, non si sia presentato sul set (per scaramanzia?). Per il gufo, così come per tutte le cose del mondo, dipende sempre dalla visuale dal quale lo si vuole guardare. Quel piumaggio variopinto e quei movimenti a scatti tipici dei rapaci sono emblema della bellezza della natura, della sua forza rispetto a noi umani che proviamo a costruire un mondo che ci possa appartenere ma che ci sfugge proprio quando pensiamo di aver tutto compreso e di avere tutto nelle nostre mani. La storia degli Osage ci racconta proprio questo e l’occhio sveglio dell’ottantenne Scorsese non fa nient’altro che ripetercelo.
Lo stesso regista, nelle interviste in occasione dell’uscita del film, ha spiegato che ormai si sente con poco tempo a disposizione. Ma questo non gli ha impedito di realizzare un capolavoro. È vero che nella clessidra, ormai, è rimasta poca sabbia. Ma quella che c’è è proprio quella più buona, quella che serve a rispondere alle domande rimaste inevase negli anni cosicché, quando sopraggiungerà il gufo, sarà tutto più chiaro.