Ci eravamo convinti, ad un certo punto, che gli eroi fossero una cosa superata, che gli idoli fossero solo questione di ragazzine innamorate del cantante o di supertifosi che si perdono dietro i palleggi di un funambolo. Per non parlare delle leggende, guardate con sospetto quasi fossero una specie di oppio per le masse, un inquinamento della storia con la s maiuscola, insomma una faccenda diseducativa. E comunque tutto era relegato negli ambiti dello sport o dello spettacolo e parlare di eroismo fuori da quegli steccati suonava come un sinistro sconfinamento in territori politicamente scorretti o addirittura reazionari. Ci siamo invece accorti che volenti o nolenti, tutti e comunque la si pensi, abbiamo nella testa un nostro personalissimo Pantheon. Ovvero un tempio laico per tutti gli dei, semidei, eroi che in qualche modo ci fanno battere il cuore. Non è stata solo la pandemia a farci riscoprire un eroismo non effimero e molto, molto concreto, pratico ed indispensabile. L’esempio positivo di chi si batte non solo per se stesso, sacrificandosi per gli altri o per una questione ideale, è oltretutto contagioso, specie tra i giovani, e la cosa non è da poco. Abbiamo la necessità di stimare qualcuno, per quanti sforzi facciamo per negarlo, e soprattutto di credere che da qualche parte, al momento del bisogno, spunterà un qualche semidio capace di ribaltare la situazione. E lo crediamo da sempre, fin da quando, bambini, ci aspettiamo che irrompano sulla scena i buoni, al famoso grido “arrivano i nostri” con i cavalieri lanciati al galoppo che salvano la bella principessa prigioniera del cattivo di turno. Non è solo questione di buoni e cattivi, di torto o ragione. Ci sono in noi ataviche e misteriose esigenze che solo gli eroi, gli idoli, e anche le leggende soddisfano appieno. Soprattutto nei momenti bui, in quelli in cui tutto l’armamentario che la scienza ci ha fornito sembra non bastare. In cui le filosofie, per quanto profonde, non danno risposte e le organizzazioni umane, di natura imperfette anche quando sono eccellenti, fanno cilecca. Ma non solamente nel pericolo eroi e idoli hanno un ruolo importante. Lo hanno, a ben pensarci, soprattutto perché ci spronano, e spingono in particolare i giovani, a credere che nessuna impresa è davvero preclusa. Non si parla certo di azioni folli o autodistruttive, che sono esattamente il contrario dell’eroismo e semmai sono l’esasperazione egoista dell’Ego. Ma della capacità di vedere oltre gli ostacoli, di immaginare strade mai percorse, di lottare anche quando tutto sembra perduto, di fare qualcosa per gli altri senza averne un guadagno, di superare insomma quei limiti che l’egoismo e l’ignavia spesso tracciano attorno ad ognuno di noi. Chi ha scritto “beato il popolo che non ha bisogno di eroi” avrà avuto le sue ragioni. Ma erano parziali, quindi di parte. Il punto è che gli eroi non hanno una sola bandiera, sono in qualche modo universali. Proprio per questo vivono e vivranno finché sulla terra ci saranno uomini e donne che li sognano e li invocano.

 

 

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