La rivelazione di Elpidio

“Ti devo dire una cosa…” La voce del mio vecchio amico Elpidio Marzucca Lotis sembrava furtiva. Se una voce può mai esserlo, quella lo era. Ma non di un furto mi stava per raccontare. Piuttosto una confessione, in piena regola. “Lo sai che io non ho mai potuto sopportare il Natale, che ho sempre fatto finta di festeggiarlo. Ricordi, anche quando eravamo a scuola ti dicevo che il bello della festa era prima che arrivasse, che poi, quel giorno, ero sempre triste. E tu che mi accusavi di essere leopardiano, sfottendomi e tutte quelle scemenze lì…”. Io ascoltavo in silenzio, dall’altro capo del telefono. “Ebbene – la sua voce adesso era quasi un sussurro – io ricordo come dei Natali felici soltanto quelli trascorsi da solo, per scelta. Senza l’allegria di facciata, senza la falsa attesa per i regali, senza quelle ipocrite smancerie a cui mi adattavo per compiacere gli altri. E mi tornava anche in mente il sorrisetto beffardo di mio cugino più grande quando, avrò avuto quattro o cinque anni, mi chiese se credevo ancora a Gesù Bambino. Quest’anno, con la pandemia in corso, tutti fanno previsioni sul 25 dicembre, chiedendosi come sarà. E sono incerti e dubbiosi sui preparativi. Hai sentito anche i politici? Un festival dell’ipocrisia a dir poco, invocano perfino la spiritualità della festa per spiegare che bisogna stare distanti. Mi fanno quasi rimpiangere quei noiosi e terribili cenoni e pranzi che sopportavo mio malgrado. E la tardiva critica all’orgia dei regali? Resto perplesso. Anche perché tutta questa iniezione di sentimento, o meglio di sentimentalismo, questa attenzione alla solitudine altrui dove erano negli anni grassi? Chi si ricordava davvero di quelli che la solitudine non la scelgono ma la subiscono? Certo, alcune persone sensibili sì. Ma gli altri? Vivevano in compagnia la loro solitudine festaiola e nel contempo magari dimenticavano gli affetti vicini”. Io continuavo ad ascoltare, in silenzio. “Così ci doveva pensare un malefico virus a farci sentire l’atmosfera vera del Natale. Un senso magico e perduto: quello dell’attesa, del mistero. Dell’ora che di colpo ti cambia la vita. Dell’irrompere improvviso e lungamente atteso della speranza. Anche quella di un solo istante, quanto basta però agli esseri umani per essere più leggeri. Per sognare e tirare avanti. Ecco doveva proprio essere una bestiolina invisibile a farci ragionare su queste cose? A farci rimpiangere perfino i Natali che ci erano venuti a noia? Ripetitivi e imbarazzanti con tutti quei discorsi: ma lo zio Uccio ci rifilerà ancora le sue terribili lasagnette? E quel rompiscatole di Nandino? Non pretenderà anche quest’anno di imbucarsi all’ultimo momento perché non sa dove andare… Cosa regalo alla Titti, ha già tutto e poi è così snob…”. “Vedi – io non avevo fatto neppure un sospiro – stai zitto perché hai dei dubbi. Eppure sono convinto che quello che arriva tra poche settimane sarà, in ogni caso, un Natale straordinario, magnifico. E sarà diverso vedrai, una svolta: il primo di una lunga e bella serie. Perché lo aspettiamo con rispetto e con tanta speranza”.

 

 

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