
L’idea che l’informazione non sia più tanto un oggetto, ma sia un servizio, un flusso, non è nuovissima, ma induce sempre nuove riflessioni, scoperte. Un tempo, infatti, l’informazione si sostanziava in una cosa, in un prodotto fisico: il giornale, la radio, la televisione, il libro. Ricordate la scena finale del film L’ultima minaccia? Ecco, c’è il direttore del giornale, peraltro Humphrey Bogart, che dice al cattivone, nuovo padrone: «È la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi fare niente…», mentre porge la cornetta verso la tipografia per far sentire al minaccioso interlocutore il rumore della rotativa che, producendo l’oggetto giornale, non può più essere fermata e così la notizia che riguarda il cattivone, nuovo padrone comunque arriverà ai lettori. Oggi basta un clic su un social media per dare una notizia, vera o falsa, questo poi è un altro problema. Siamo nell’era phygital, cioè né del tutto fisica né del tutto digitale. Oggi l’informazione non è da noi percepita come un oggetto tangibile ma ci piove addosso da ogni parte, tanto che spesso non siamo nemmeno in grado di dire dove abbiamo appreso la tal notizia: «Devo averla letta su internet o sui social…». E ormai – lo dice il fresco 17° Rapporto Censis sulla Comunicazione – sul web ci siamo più o meno tutti, l’83,5 per cento degli italiani, più 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. E più o meno tutti usiamo uno smartphone, l’83,3% (+7,6%), anche per andare sui social, il 76,6% (+6,7%): «Nel 2021 si accorciano le distanze tra le generazioni, con la percentuale di over 65 che utilizza internet in aumento dal 42% al 51,4%. Tra gli anziani inoltre crescono anche gli utenti dei social media che passano dal 36,5% al 47,7%». Il Covid e i mesi di lockdown sono stati due potenti acceleratori della digitalizzazione di massa a tutte le età, quindi sempre più persone vivono e si informano con i tempi, i modi e le regole dell’era phygital. E con i problemi dell’era phygital: lunedì, infatti, abbiamo assistito a un blackout su scala globale di Facebook, Whatsapp e Instagram. E ci siamo sentiti persi, a riscoprire gli sms, magari perfino le telefonate, con complicazioni nella diretta elettorale e perfino nello spoglio. Quella pioggia di informazioni che ci cade addosso ogni giorno si è interrotta perché – così pare – un errore umano o qualcosa di simile ha inceppato l’enorme database di Mark Zuckerberg. E noi che pensavamo che non avremmo più corso il rischio che per il bloccarsi di una rotativa non saremmo riusciti a dare quell’informazione. Sono i social media, bellezza, i social media, e noi non ci possiamo fare niente.
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