Mesi pesanti, argomento leggero? Non proprio anche se, oppressi da tante questioni angoscianti dovremmo trovare, almeno una volta al giorno, un istante per alzare lo sguardo e puntarlo in alto e in avanti. E magari per ridere un poco, perché anche questo è essenziale nella vita quotidiana ed è bene ricordarlo sempre, persino in tempi di piombo. Comunque sia, il pensiero di oggi invita a guardarci attorno per ragionare su un fenomeno che prima o poi bisognerà indagare a fondo. E dovrebbe farlo qualcuno bravo davvero. Io, da cronista, osservo e annoto. Siamo una società che inneggia alla pace, alla fratellanza, alla comprensione per tutto e per tutti, che invoca il perdono e la bontà. E che ha fatto del cosiddetto “politicamente corretto” una nuova divinità, da difendere con aspetti a volte grotteschi. Bene. Magnifiche intenzioni. Ma come si spiega, allora, il serpeggiare di una violenza tanto subdola e vile quanto inspiegabile, condotta da guerrieri nascosti e scomposti?
Che diffonde incertezza, astio, malessere, falsità. Non intendo quella violenza che è da mettere in quota in ogni comunità di esseri umani, che è presente anche nelle civiltà più raffinate. Ovvero la violenza di chi delinque per scelta o di chi si ribella a situazioni insostenibili o di chi perde il senno. Parlo della intolleranza che si manifesta, giorno dopo giorno più forte, faziosa e aggressiva attraverso i social e con mille altri mezzi e mezzucci. Questi guerrieri senza onore né gloria sono incredibilmente in prima fila quando si tratta di riempirsi la bocca con vocaboli nobilissimi come tolleranza, eguaglianza, giustizia, libertà, diritti. Un bel rebus davvero! I soggetti, per cui è più calzante la definizione di guerriglieri, amano agire non in campo aperto, ma nell’ombra benché non ne abbiano assolutamente bisogno. Chi combatte contro un nemico assai più forte ha il diritto di agire con tecniche che gli consentano di sopravvivere e continuare la lotta. Ma il paradosso dei combattenti da computer o da lettera anonima, da bisbiglio, da calunnia è che non si trovano in minoranza, e anzi costituiscono un piccolo e tronfio esercito di maestrini astiosi, sempre pronti ad invitare al linciaggio e alla giustizia sommaria. L’ideologia, che ha perduto terreno nella storia, sembra aver trovato qui la sua ultima trincea. La forza ha una propria bellezza, quando è composta. Ma in individui pronti a colpire alle spalle per principio, a tirar sventole a casaccio pur di mettere a tacere chi non si adegua e non si accoda, ha la stessa plastica eleganza delle risse tra ubriaconi. Certo, a furia di tirar colpi di spillo o stilettate nell’ombra, l’armata dei guerriglieri scomposti si condanna a non avere futuro. Anzi, finirà per incappare in un destino che appare già scritto: l’autofagia. Ovverosia il corpo sociale, stremato dal fastidioso brusio di tanti piccoli biliosi giudici di tutto e di tutti, prima o poi li condannerà all’estinzione. Proprio come, ce lo insegna la biologia, qualsiasi cellula vivente fa per rimuovere o degradare le proprie parti che non sono più efficienti o che sono danneggiate.
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