Sei stanco dell’andazzo delle cose? Ti annoia a morte quello che accade intorno a te? Non vedi una via d’uscita? Cambia! L’appello è rivolto ai politici che hanno nelle mani il nostro futuro comune ma anche a tutti noi cittadini che stiamo lì a guardare. Magari lamentandoci e sbuffando, i più. Ma anche ripetendo a vanvera le vuote frasi che troppi professionisti della politica sfornano a raffica. Dici che sono finite le ideologie? Si, forse. Intanto spopola quella nuova “fai da te”. Ne sono pieni i social dei politici e dei loro emuli e sostenitori. Un bel mandarsi al diavolo e infilarsi le dita negli occhi in beata continuità. Sfogatoio a buon mercato per mitomani, instabili, carognette, inviperiti e perdenti vari. Palcoscenico da avanspettacolo per chi si ritiene maestro di vita, genio incompreso, sublime pensatore maltrattato dalla vita. La ricetta è semplice: si prende una materia di cui si ignorano perfino le basi (politica compresa), ci si documenta superficialmente e a casaccio, si copia e incolla, si aggiunge un pizzico di furbizia “non sono il tipo a cui la si fa” e lo si condisce con una bella grattata di sana arroganza e sicumera. Il piatto è pronto! Lo cucinano e lo mangiano troppi eletti e troppi elettori. Io ho rispetto per quelli che ancora trovano interessanti e degni di analisi e commento i contorcimenti della nostra politica, ma anche di quella oltreconfine, e i finti cambiamenti. Però non provo il loro entusiasmo. Che credo sia finto o da disperazione. Perché siamo di fronte a falsi movimenti. Non c’è né una meta né una strategia dietro gli annunci. Non c’è il pensiero. Ecco: il cambiamento è necessario, sempre nella vita. Ma se adesso ci voltiamo indietro ci accorgiamo che il tempo ci è scappato via senza lasciare pressoché nulla di buono. E se è vero che non possiamo determinare il corso del tempo potremmo almeno imparare di nuovo a viverlo e a riempirlo. Non dobbiamo cadere nella trappola di chi invoca il cambiamento ma non lo mette in pratica. Di chi ritiene di poter fossilizzare tutto, di cristallizzare quel che gli conviene. La rivoluzione deve cominciare dal nostro pianerottolo. Deve uscire da quelle stanze in cui ci sentiamo rinchiusi ma al sicuro. Non è così. Non ci serve sfogarci a chiacchiere o pensare di capovolgere il mondo con un tweet o una battutaccia. La metamorfosi richiede impegno, costanza e tempo. Disciplina personale e sacrifici. Coraggio e testimonianza. Il consenso si costruisce e si concede giorno dopo giorno, non con una studiata campagna buona per un detersivo. A noi cittadini spetta il compito, non facile, di smetterla di invocare serietà e onestà e non praticarle in proprio. Di fare la fatica di scegliere. Di avere memoria dei fatti e di non farci distrarre o comperare dai suonatori di piffero. E soprattutto di non partecipare alla stupida lotteria del “mi piace”. Cambiare è una sommatoria di mutazioni, necessarie a diventare finalmente un popolo conscio dei propri valori condivisi e dei propri doveri e diritti.
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