Rafa Nadal è la prova che si può sempre cambiare idea e gusto. E dunque a volte si deve. Io lo odiavo, non lo capivo, mi irritava. Non mi piaceva perché continuavo a paragonarlo e dunque a svalutarlo nel confronto con re Roger, ovviamente Federer, o con sir Andy, naturalmente Murray. Poi, figurati, sono arrivati i baronetti italiani, Jannick “tira e molla” Sinner, Matteo “bombastico” Berrettini, Lorenzo “spensierato” Musetti e Lorenzo “cuore toro” Sonego: non c’era spazio per una simpatia spagnola, per un terraiolo da amare. Non è che non sopportassi le sue manie, il suo meticoloso modo di mettere e rimettere a posto le bottigliette d’acqua nei cambi di campo, la sua seguela sempre identica di gesti prima di battere, la sua fascia per i capelli, i colori sgargianti dei suoi completi, è che mi dava l’idea più di un robot che di una persona. Beh, sbagliavo, e anche di grosso. Perché, dai, uno che impara a giocare con la mano non sua naturale e diventa un super top non è già un grande? Sì, ma questo rafforzava sempre l’immagine del robot. Poi è arrivato il momento Jimbo Connors, il momento in cui da antipatico è diventato il più simpatico, il più umano, il più vicino a tutti. E quel momento è ora, ora che gioca con i dolori ovunque, soprattutto ai piedi, ora che l’età non è più freschissima e che i capelli sono sempre un po’ meno, ora che a Winbledon, su quell’erba che certamente non è il suo elemento, riesce a finire e a finere vincendo una partita che perfino per il suo tenace padre doveva abbandonare per eccesso di dolori, quei dolori che lo facevano servire a mezzo servizio, che lo facevano giocare con male, male e poi male. Rafa Nadal oggi mi fa sorridere sempre e oggi ho anche notato che ha sorriso sempre tanto. Rafa Nadal oggi insegna che lo sport è, come si dice e ci si dimentica spesso, una gara con se stessi. Sogniamo di non aver problemi, di avere comodità, di farcela facilmente, ma poi ci ritroviamo a tifare a squarciagola per chi del superamento dell’ostacolo fa la sua arte quotidiana, dell’impegno a non mollare la sua caratteristica più duratura e della voglia di non uscire dal campo la sua forza più simpatica. Il tennis è la prosecuzione della solitudine con altri mezzi e la solitudine è una livella che cancella tutto tranne la propria forza e i propri problemi. Nella solitudine, tra un colpo e l’altro, tra un tic e l’altro, Rafa Nadal ha messo in campo con l’umiltà di un amatore la professionalità del suo talento, senza proclami, senza sbruffonate, con assoluta modestia, pur essendo uno dei più grandi di tutti i tempi e sulla terra, quella rossa, probabilmente il più grande. Ora anche simpatico.