L’idea che uno sia un grande scrittore come arriva alla nostra mente e al nostro cuore? Che cosa accende in noi la sensazione di essere davanti a un fuoriclasse della letteratura? Stamattina, guidando, provavo a darmi una personale risposta riflettendo sui miei autori preferiti. Intanto mi accorgo che almeno tre di questi hanno a che fare, e profondamente, con la Francia: Romain Gary, che amo per ogni libro che scopro, soprattutto i più folli, anche se non dimentico “Gli aquiloni”; Emmanuel Carrère, che ho iniziato ad amare per il libro che lui odia di più (“Facciamo un gioco”); Michel Houellebecq, che amo quanto più è odiato. Poi naturalmente Philip Roth, lo psicologo dell’inconscio, e Cormac McCarthy, lo psicologo del conscio. E mi fermo qui, lasciando per questa volta gli italiani al prossimo casello autostradale. Ecco, costoro sono diventati nella mie mente e nel mio cuore grandi scrittori perché mi hanno dimostrato di saper descrivere ciò che non si sente, non si vede, non si tocca, a volte non ha nemmeno un nome. Per essere un grande scrittore devi saper descrivere l’indescrivibile. Banale ma vero. Un grande scrittore, per me, è colui che mi fa provare cose che ho già provato, intuito, capito, senza poterle vedere, toccare, nominare. Un esempio? Un grande scrittore ti fa sentire un odore scrivendo. Un grande scrittore ti fa sentire quel senso di rimorso, di rimpianto, di lascivia irritante che non sai definire ma che hai provato, il tutto scrivendo. Un grande scrittore ti fa sentire un suono scrivendo, come Beppe Fenoglio che sa come si scrive il suono di uno sparo, nel finale di un libro da non “spoilerare”, cioè rovinare raccontandolo. E qui l’esempio non poteva non essere nostro, anche se in fondo anche molto americano, seppur di Langa. Ecco tutto questo per dire che può valere, almeno per quanto mi riguarda, pure per le serie televisive. Sono belle serie tv quelle che ti raccontano ciò che non si tocca, non si vede, non si sa nemmeno definire. L’ultima che mi ha convinto, da questo punto di vista, s’intitola “Omicidio a Easttown” e ha come protagonista una sontuosa Kate Winslet, molto normale, qualcuno dice troppo, ma drammaticamente calata nella parte più vera del suo personaggio, la realtà delle birre, delle famiglie complicate, dei capelli maltrattati, legati soltanto da un elastico e lavati quando il lavoro, le paturnie, le tristezze lo permettono. Sentire guardando (o leggendo) è la chiave del successo nel mio cuore e nella mia mente. Chissà, magari a qualche lettore, come riflessione estiva, può venire in mente di condividere qualche suono, odore, sensazione, sentimento descritti dalla sua grande scrittrice o dal suo grande scrittore: lettere@prealpina.it.

 

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