Lunga vita al bikini. E a chi lo indossa
Lo so che diventate pazzi al mare quando vedete qualche bella ragazza con bikini minimo e fisico da urlo. Fate finta di niente per non passare per i guardoni di turno ma, appena potete, voltate lo sguardo come fa l’orso quando sente il profumo del miele, salvo prendere il classico sberlone dalla moglie. Non è il fermo immagine di una classica commedia all’italiana degli anni Settanta ma una scena probabile sull’arenile italiano, in questi tempi un po’ deserto per via delle perturbazioni. Non vi voglio però accompagnare, almeno con l’immaginazione, su una spiaggia di Rimini o di Riccione. Desidero, invece, condurvi in un viaggio nel tempo che non deve apparire come un noioso esercizio di stile intellettuale ma come una semplice riscoperta della nostra essenza, partendo proprio da ciò ci cui dicevamo sopra: il bikini. Seguitemi, allora, dentro la Villa del Casale a Piazza Armerina. Siamo nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna. Fa un caldo, d’estate, che non t’immagini neanche perché il mare non è vicinissimo e l’aria si ferma, ti manca il respiro. Lo sforzo fisico di resistere all’afa ha, però, la sua ricompensa. Qui si trova qualcosa di eccezionale. Nell’edificio scoperto una settantina di anni fa (ma gli abitanti del luogo assicurano che da tempo si portavano via di tutto da quel patrimonio dell’umanità) ci sono mosaici che lasciano con la bocca aperta.
Il colore è ancora vivo, il disegno perfetto, l’espressività unica. Sono stati realizzati nel IV secolo, quindi hanno più o meno 1.700 anni. Eppure trasudano freschezza e modernità. La manifestano soprattutto quelle figure di donne che fanno sport e che sono vestite solo del bikini. Che spettacolo vedere le atlete che giocano a palla o che si impegnano in altre attività indossando solo un due pezzi. Che, già all’epoca, evidentemente, andava di moda. Scoprirlo dà una certa emozione, rimanda a quei canoni di bellezza che non sono cambiati in questi anni e sono giunti inalterati fino a noi, restituendoci un’idea di armonia, di equilibrio, di grazie e di splendore che non deve perdersi mai. Attraverso quel bikini noi ripercorriamo la storia degli uomini e delle donne nei secoli. Grazie a quel mosaico di epoca romana riprendiamo in mano il bandolo della matassa e siamo lì a gioire perché la strada del bello è la più semplice per arrivare a Dio.
Così anche adesso, non disperiamo se siamo al mare e qualche moglie rimprovera il marito che guarda troppo la vicina d’ombrellone in bikini. Il marito sta semplicemente provando a connettersi con qualcosa di superiore, passando da qualcos’altro di un po’ più terreno. Lo facevano già i romani, inutile biasimarlo. Lunga vita, allora, al bikini. E, soprattutto, a chi lo indossa.