Certo, forse sarebbe più saggio parlare di grandi temi, di tante cose serie, dei mille problemi quotidiani. Cosa che peraltro viene fatta tutti i giorni a tutte le ore da tutti i mezzi di comunicazione, quelli tradizionali e quelli più moderni. Forse persino troppo, e con che risultato non saprei. Così non è certo un grosso danno se qui ci occupiamo di pensieri leggeri, di cose all’apparenza superficiali ma che sono in realtà essenziali. Per esempio potremmo ragionare dell’eroe del giorno. Chi può essere? No, il vostro sguardo non si fissi di botto sui tanti, benemeriti e benedetti, che fanno il loro dovere e anche di più per cavarci dai guai e perché una società zoppicante resti comunque in piedi. O su quelli che, tra indifferenza e ostacoli, si battono onestamente e seriamente per superare i drammi che stiamo vivendo o per lenire i dolori e cercare soluzioni, nonostante tutto. L’eroe a cui penso è quello che ti dona due minuti di felicità. Che sarebbe poi null’altro che la dose quotidiana, minima e indispensabile, per tirare sera senza che il peso sul cuore diventi intollerabile. Eccolo il protagonista da acclamare: quello che ti strappa un sorriso o che anche, semplicemente, ti sorride. Mascherina permettendo, magari con gli occhi. Quello che ti distrae, non con mezzi subdoli o fanfaluche, ma con una sorprendente e gratuita gentilezza, un gesto inatteso, una parola consolante. O perfino con una buffonata di quelle vere e autentiche, da piegarsi in due per le risate. Non certo le ormai noiose e ripetitive scenette da social, spesso piene di amarezza, sarcasmo e veleni. Già perché prima c’erano le barzellette, e però bisognava saperle raccontare, chiedevano un minimo di perizia e di stile (anche se ho memoria di pessimi raccontatori che, proprio per la manifesta incapacità e la goffaggine, strappavano più risate di quelli bravi). Adesso si schiaccia un pulsantino e si diffonde la battutina o la vignetta urbi et orbi. Vabbè. Torniamo all’eroe della quotidianità. Non è legato ad ideologie o a bandiere, non è spinto da brama di gloria o da spirito di sacrificio. Non ambisce a medaglie e non sogna di passare alla storia. Semplicemente vive. E per vivere, e aiutare a vivere, bisogna ridere e sorridere. Se qualcuno dice che se ne può fare a meno sbaglia. Perché perfino se si è misantropi assoluti, e si vive sperduti in un deserto, si può sempre ridere. Magari di se stessi e dei propri errori, debolezze e fallimenti. Che è un gran bell’esercizio, salutare. Per caratteri forti, per gente tosta che sa stare al complicato gioco del mondo. Chi dona due minuti di felicità, o almeno di serenità, aiuta l’universo a cercare un equilibrio. Che si può raggiungere solo se il numero dei sorrisi supera quello dei ghigni. Se intorno a noi non vediamo solo nemici, ombre e tranelli. Se la spensieratezza, che in giuste dosi è un tonico eccezionale per il cervello e per il morale, riesce a far compagnia all’impegno e alla serietà. Almeno per qualche istante nelle nostre giornate.
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