Delle api si è scritto e detto di tutto. Si è parlato della loro perfetta organizzazione, della laboriosità e dello straordinario esempio che forniscono all’uomo. Gerarchie ben definite e chiara distinzione dei ruoli fanno sì che un alveare dia l’impressione di essere molto meglio costruito di una struttura sociale umana.
Delle api, però, a me hanno sempre colpito gli occhi più del loro fantastico mondo. Giganti rispetto al corpo, divisi in vario modo e capaci di guardare in direzioni diverse. Mi hanno fatto venire in mente il Panopticon, cioè il carcere come lo vede alla fine del Settecento il filosofo Jeremy Bentham, grande sostenitore dell’utilitarismo, quella corrente di pensiero che mette al centro il minimo dolore e il massimo vantaggio.

Mica male come teoria. Infatti è molto attuale. Ancora più attuale è l’idea del Panopticon perché è un istituto di reclusione dove un unico sorvegliante riesce a curare tutti i soggetti in detenzione senza che loro capiscano se sono osservati o meno. Si tratta, insomma, di una torre posta al centro dell’edificio che controlla tutte le celle. Un’idea che è stata realizzata nel corso dei decenni ma, al di là dell’utilizzo per la funzione carceraria, il Panopticon è diventata una sorta di metafora per descrivere il potere invisibile, quello che George Orwell, con parola entrata ormai nel linguaggio comune, chiamava Grande Fratello.

E chi l’avrebbe mai detto? Il reality show più famoso in Italia ha un fondamento filosofico. Ed è l’esemplificazione del concetto del Panopticon, soltanto che i partecipanti sono chiusi nella casa non perché devono scontare una pena ma perché vogliono vincere un premio. L’essere guardati, per loro, è motivo di vanto e di pubblicità, non di castigo. Ci sarebbero da scrivere delle enciclopedie per spiegare dove siamo andati a finire, ma questo lo riserviamo per le prossime puntate di Oltre. Adesso vogliamo focalizzare l’attenzione sugli occhi delle api, da cui eravamo partiti, e soprattutto sull’idea del Panopticon che è esemplificazione del potere invisibile che tutto vede e tutto permea, oggi più che nel Settecento quando Jeremy Bentham ne teorizzò la creazione.

Dagli studi successivi si è però arrivati alla conclusione che questo tipo di organizzazione permette un controllo esteriore ma non aumenta l’autorevolezza di chi amministra né ne facilita la gestione. Anzi, il clima oppressivo genera incertezza nei soggetti posti sotto controllo, ne alimenta la debolezza e non serve a nulla per migliorare i loro standard di prigionieri-lavoratori. Insomma, l’antidoto al Panopticon è sempre lo stesso: senza libertà l’uomo muore. E con lui la società di cui fa parte. Opprimerla non serve, piuttosto va accresciuto il senso di responsabilità di ogni soggetto. Proprio come le api dentro l’alveare.