Il pensiero che ho in testa non mi piace, vorrei tenerlo per me, annullarlo o stemperarlo. Però forse per levarlo di torno è meglio che lo dica: messo su carta magari rientra nell’ovvietà o nella banalità del quotidiano. Ci provo. Temo che negli ultimi anni, e dunque non solo in questi ultimi della pandemia alla quale si tende a dare più colpe di quelle che ha, sia venuta meno una componente essenziale del progresso umano: lo spirito di avventura e la voglia di realizzare i sogni. La società del tutto dovuto e del tutto garantito ha fatto e sta facendo danni incalcolabili. Ha peggiorato la qualità della vecchiaia e ha trasformato troppi giovani in presuntuosi travet cui peraltro manca perfino la scrupolosa osservanza del proprio dovere che in molti casi è ormai un valore. Senza un pizzico di follia, senza il desiderio di giocarsela comunque, senza la capacità di fare un passo o anche due indietro, nell’attesa di poter spiccare il balzo vincente, non si va da nessuna parte. Le rendite di posizione non hanno mai funzionato a lungo nella storia umana e oggi men che mai. Ecco, mentre lo dico il cattivo pensiero si scolora. E un altro prende il suo posto. Amo comperare vecchi giornali nei mercatini.

E così facendo rileggo con gli occhi di oggi le storie di ieri, anche quelle che sfiorai ragazzino. Ho per la mani un numero di Oggi dell’agosto 1968. In copertina: richiamo di un servizio con foto inedite che “svelano la verità sulla morte di Che Guevara”, ucciso giusto un anno prima e una foto di Brigitte Bardot che bacia il playboy Gigi Rizzi. Negli anni successivi lessi e ascoltai poi molte cose su Guevara. Solo di recente invece ho trovato un diffuso revival (articoli e libri) dedicati all’estate in cui il ragazzo genovese, armato solo della sua voglia di vivere, divenne una star mondiale avendo conquistato la donna più bella del mondo, vincendo la concorrenza di un esercito di pretendenti. La storia ha strani intrecci e se pensiamo al ‘68 ci viene in mente tutt’altro rispetto alle nottate di Saint Tropez. Poi derubricate da molti come ultimi lampi della decadenza borghese o, nel migliore dei casi come “l’altro ‘68”. Lo so, i pensieri portano lontano se non li tieni a freno, mandano fuori strada. Ed è anche il loro bello. Ma in queste poche righe, il minestrone mi serve per documentare, senza pretese né profondità, che al mondo non c’è nulla di scritto che non si possa riscrivere. Sempreché, la condizione è essenziale, si abbia la voglia di inventarsi la vita e giocarsela dal primo all’ultimo istante. Soprattutto quando si è ragazzi. Ma anche nell’ultimo giorno in cui siamo ospiti su questa terra. Nel ‘68 non pensavo a Guevara e nemmeno a Brigitte. Avevo altri sogni, altre urgenze. Il mio era un altro ‘68, per così dire. Però quei due con l’andar degli anni mi sono rimasti accanto, hanno avuto il loro spazio nel mio atlante del mondo. Per un solo motivo: fanno parte della stessa materia di cui sono fatti i sogni, che aiutano a vivere e purché si cerchi di realizzarli.

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