
E se per una volta il pensiero non seguisse schemi logici ma cavalcasse libero e sfrontato? Per semplice associazione e concatenazione d’idee? Costruendo così una mini antologia di frammenti, schegge di pensiero ed evocazioni. E allora in sella, si parte! Sentivo spesso citare un proverbio milanese: “Chi piang toghen, chi rid daghen”, togli a chi piange e dai a chi ride. C’è dentro una verità, opinabile finché si vuole, ma la sostanza è che si dovrebbe sempre fare una offerta votiva a chi ci fa sorridere, a chi ci distrae allegramente, e soprattutto non ci fa pesare addosso i propri guai, esattamente come si faceva con gli Dei. Di palo in frasca: l’inutilità degli esempi! Tante volte ho riflettuto su frasi come “spero d’essere d’esempio” o “dovresti essere d’esempio”. In linea di principio ottime cose, ma davvero servono? E soprattutto quali? No, gli esempi da seguire sono quelli che ti scegli autonomamente. Del resto nemmeno i profeti raggiungono mai l’unanimità, è un fatto su cui riflettere. E la cultura? Ha davvero bisogno della C maiuscola? Diffido quando in una frase sento citare più di una volta la magica parolina. Di serie A o B, alta o bassa, profondissima o superficiale, la cultura sta laddove c’è il piacere di gustarla. Perfino in una canzonetta ben fatta. E allora è meglio Battisti con Mogol o Battisti con Panella (dimenticando che c’è pure un Battisti con la moglie, in un album)? Ah pensiero leggerissimo e impertinente, io avrei la mia risposta, ma lo ascolto e lo canto tutto, perché fa parte della vita mia. Chi non ha associato alle singole canzoni momenti o sensazioni, si affidi all’orecchio e alle emozioni, sull’istante. Del resto è lampante, c’è chi ama cuore/amore e chi si emoziona per il rumore di una impastatrice industriale o adora una viola paonazza. La curiosità e l’innovazione, la ricerca e l’emozione, la riscoperta dell’antico e perfino la stramberia: quanta cultura vera e poesia. Ma via, via, prosegue la galoppata del pensiero. Fino a diventare un minestrone, una ribollita di lampi, sensazioni, simpatie. Perché le antipatie è bene scordarle in fretta, lasciarle fuori dall’uscio. Non c’è tempo a sufficienza per perderne, si impara sempre tardi questa buona norma. E così è bello rimanere ma anche andare. Anzi debbo proprio a una storia disegnata una cosa che ho imparata tanti e tanti anni fa. C’è di mezzo un marinaio, Corto Maltese, figlio della matita di Hugo Pratt. In una sua avventura “Corte sconta detta arcana” si dice di tre luoghi magici e nascosti: “quando i veneziani sono stanchi delle autorità costituite si recano in questi posti e aprendo le porte che stanno in fondo ad una corte se ne vanno in posti bellissimi e in altre storie”. Non fornisco gli indirizzi perché è inutile. Quelle porte stanno ovunque noi le vogliamo cercare o collocare. L’importante è avere il desiderio e la volontà di aprirle, senza paura e con il sorriso sulle labbra. Perché altrimenti c’è sempre il rischio che qualcuno apra, decidendo per noi, altre porte con destinazione ignota.