Mi avete fatto scrivere un articolo su Gatto Silvestro (io che mi chiamo come lui) non più tardi di due mesi fa, per l’esattezza il 16 febbraio. Ora me ne chiedete un altro sulla Pasqua. Che, volendo, prende spunto dal mio cognome: Pas(c)qua(rella). Sembra quasi che mi vogliate prendere in giro. Ma non è solo un gioco di parole, quello che vi suggerisco in questo breve scritto per presentare il numero pasquale di Oltre e la sua stupenda copertina con la frittata.
Sono a spiegare il significato di una festa che ha un profondo senso religioso, soprattutto per noi che siamo cresciuti dentro il Cristianesimo e abbiamo respirato sin da piccoli quest’atmosfera, se non altro perché ci costringevano (chi ci andava volentieri?) sin dalle scuole elementari a seguire i riti della Settimana Santa. E qui rischio di essere un po’ blasfemo perché noi povere anime innocenti venivamo messi di fronte al sacrificio di quest’Uomo con la corona di spine che prendevano a frustate fino a metterlo in croce. Ci terrorizzavano. Quel sangue, quel mantello tirato a sorte dai soldati, le grida del popolo che invocava la liberazione di Barabba ci incutevano terrore e ci mettevano un solo pensiero nella testa: ma possibile che questi siano così cattivi?
Via via che siamo cresciuti e abbiamo scoperto che i nostri fratelli – così ce li hanno dipinti al Catechismo – sapevano anche fare di peggio. Per un giornalista confrontarsi con le nefandezze umane è un gioco da ragazzi, come quando ti chiamano in redazione e ti dicono che un ragazzo di 14 anni è stato sparato alla testa e ucciso dai rapinatori in una tabaccheria di Gallarate (era il 10 dicembre 1996). Penso oggi a quella mamma, quasi fosse Maria. E penso a tutte le madri del mondo. Alle loro sofferenze. A quante volte avranno dovuto trascorrere la Pasqua senza i loro figli. Difficile trovare un senso. Impossibile darsi una spiegazione. Sin da piccoli, però, ci hanno anche insegnato che una via d’uscita esiste, deve esistere.
Ce l’hanno raccontato con ricchezza di particolari prima con l’episodio della resurrezione di Lazzaro (a me ha sempre colpito il fatto che Gesù arrivò al sepolcro che già il cadavere dell’amico emetteva cattivo odore) e poi con la rinascita e la salita al Cielo del Signore (ma forse mi confondo con l’Ascensione). Il senso della fede, in fondo, sta tutto qui. La Pasqua cancella e supera tutte le bruttezze umane. Ma bisogna crederci. Oppure, più semplicemente, come spiegava il filosofo Blaise Pascal convincersi che sia davvero così, anche se non lo sarà. È questo l’unico modo per vivere felici: dopo le scudisciate, il paradiso. Se ce l’ha fatta il ladrone, non vedo perché non dovremmo riuscirci noi.