Il labirinto e la più evidente metafora della mente umana. Non è un caso allora che Stanley Kubrick l’abbia usato per l’ultima scena del suo film Shining, quando esplodono nella testa del protagonista – il Jack Torrance interpretato da Jack Nicholson – tutte le paranoie che l’hanno portato a voler uccidere suo figlio. Film asfissiante quello del regista americano che ha firmato, oltre a Shining, alcuni dei capolavori del cinema contemporaneo come Arancia Meccanica o Barry Lindon. Pellicola che è una specie di labirinto, le cui strade si dipanano dentro il cervello fino a raggiungere la sua profondità più oscura, quel punto di non ritorno che ci trascina verso il nulla e verso la morte. Il labirinto vero è quello dell’albergo dove alloggia la famiglia Torrance che viene mostrato prima nel modellino poi il protagonista ci si ritrova dentro, scatenato come una furia. Tutta un’altra storia quella che ci racconta la mitologia.
Chi non ricorda il filo di Arianna che salvò Teseo dentro il labirinto di Cnosso dove era entrato per uccidere il Minotauro rinchiuso da Minosse? Dentro i meandri di quel percorso impossibile l’eroe greco riesce a orientarsi grazie all’aiuto di una donna. Come sempre, verrebbe da dire, a cavare gli uomini dai guai sono le donne. Non la moglie del protagonista di Shining, nato dalla fantasia di Stephen King e messo in scena da Kubrick. Ma Arianna sì. È la dimostrazione che dai fantasmi della mente non si può uscire da soli, bisogna aggrapparsi a una mano amica che ci accompagni.
Dunque il labirinto ci spaventa, ci incute timore perché è il simbolo dell’arrovellarsi su se stesso del nostro pensiero. Un po’ quello che affermava Alex, capo drugo, in Arancia Meccanica, mentre camminando a fianco della piscina buttava in acqua il potenziale rivale in una straordinaria scena al rallentatore: «In quel momento capii che il pensare è degli stupidi». E lo colpì con un pugnale. L’azione ha la meglio sulla ragione perché il nostro pensiero produce solo complicazioni. Questa potrebbe essere la lezione del labirinto ma non è davvero così. Perché la Grecia classica ci insegna che da quel groviglio di vie si può uscire ma solo ad un patto. Che ci sia qualcuno che vuole salvarci. E chi può permetterci di uscire da un tale ginepraio? La risposta è sempre la stessa. Sembrerà scontato ma è l’amore. Arianna ama Teseo e lo salva.
Dunque ragione e cuore possono aiutarsi a vicenda. La prima guida l’uomo sui percorsi tipici dell’umano e non dell’animale, il secondo prende la parte migliore dell’istinto per condurlo fuori dal labirinto della mente. Semplice, eppure facciamo sempre una grande fatica a capirlo e rimaniamo imprigionati nei gironi infernali dei ragionamenti inutili o vittime degli amori tossici. Ma d’ora in poi non ci cascheremo più.