Nel secondo anno della Pandemia, mentre pur tra mille precauzioni e scongiuri fa capolino la speranza che anche questa all’improvviso finirà come quelle del passato, dobbiamo spostare il nostro pensiero dall’oggi a data da destinarsi. Comunque sia c’è un futuro in attesa, ed è come una nuova casa da dipingere e da arredare secondo il nostro gusto. Quale sarà il colore della nostra stanza, un bel violetto o il verde speranza? Il soggiorno avrà una parete di ricordi e una di progetti? E gli armadi, saranno pieni solo di vecchie cianfrusaglie? Ecco ciò a cui dobbiamo pensare. Traslocare. Portare mente ed energie oltre lo steccato in cui ci stiamo abituando ad alloggiare. C’è un oltre, ci sono giorni nuovi, c’è un tempo da conquistare, esplorare, godere. Ognuno del proprio tempo fa quel che vuole, ma deve poterlo decidere, il da farsi. Magari sprecarlo, perderlo, regalarlo, lasciarlo scorrere, concentrarlo, riempirlo. Ma per libera scelta e convinzione. Non per costrizione. Stando attenti ad un particolare: se i nostri tempi non coincidono con quanto si muove attorno non ce ne dobbiamo troppo lagnare. Lo dobbiamo accettare, farcene una ragione. La concentrazione sul presente è un bel modo di lavorare, le distrazioni a volte sono così perniciose e talvolta letali. Ma dobbiamo sempre trovare il tempo per spostare il nostro pensiero dal contingente al possibile. Creare i presupposti, immaginare, intessere reti e fili invisibili guardando all’avvenire. Lasciando il lasciabile per abbracciare il realizzabile. Se la mente è libera fluisce superando gli ostacoli. Pensate alla corrente di un torrentello, non bastano i sassi a trattenerla, l’acqua li scavalca, li aggira, procede nel suo cammino e viaggia verso la propria meta. In questo caso stabilita dal suo destino, ovverosia dalla inclinazione del terreno e dalla forza di attrazione che sia del lago o del grande oceano. Il bambino che crea una paratia di pietre per bloccare la corrente scopre presto che la sua è fatica vana, ci vuol ben altro per fermare il flusso. Così la nostra mente non si deve impantanare, non può stagnare, deve trovare la via di uscita, la scappatoia, il pertugio. Filare via dal male, dall’attaccamento insulso, dal permanere invano nell’apatia e nell’angoscia. Non è filosofia, piuttosto fisica. Fisicità e potenza, liberatorie e combattive. Altro non serve, davvero, per scappare via dagli orizzonti bassi e plumbei. La mente, il pensiero, l’idea, il sogno, la volontà creatrice, per quanto piccola e fragile sia. Sono le risorse che dobbiamo liberare da consuetudini e paure, da convenienze e dubbi. Le dobbiamo scatenare, impiegare a piene mani e senza riserve. Viviamo il momento, certo, non scappiamo, assaporiamone anche il gusto amaro. Ma ogni tanto alziamo la testa, pur nella fatica e nella lotta, prendiamo fiato e pensiamo al dopo. E mentre lo immaginiamo, mentre prende forma nella nostra testa, il futuro si configura e si materializza. Traslochiamo. Sarebbe davvero un peccato arrivare nel palazzo che ci attende senza averlo sognato.
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