Tanti sono i tipi di esseri umani, altrettanti sono i modelli di eroismo (o, per contro, di viltà). Ce ne sono per tutti i gusti e le esigenze. Perché il sostantivo eroe è probabilmente tra quelli che più spesso vengono usati a sproposito, o meglio in modo iperbolico. Ci sono tante storie, qualcuna verissima, altre verosimili, poi ci sono quelle esagerate e quelle inventate di sana pianta, per pura propaganda. E c’è l’eroe di parte e l’antieroe. Roba da perderci la testa. C’è una storia stupenda e vera, bell’e pronta per diventare un film che non mi risulta sia mai stato girato. Con il giusto pizzico di romanticismo. Narra del comandante di un sommergibile austriaco durante la prima guerra mondiale. Il suo nome era Egon Lerch. Abile marinaio in carriera, spericolato e, dicono, bello ed elegante. Si innamora, ricambiato, della nipote più cara dell’Imperatore. Che è però già sposata con un aristocratico. Lui non è nobile, limite tremendo all’epoca, però se gli riuscisse, con una impresa eroica, di guadagnare l’ordine di Maria Teresa, la più importante onorificenza della corona Asburgica, avrebbe oltre agli onori una patente di nobiltà che gli faciliterebbe il raggiungimento del sogno. Così fa di tutto col suo sottomarino, che si chiamava U-12. Fino a tentare l’impresa più ambiziosa: entrare nel porto di Venezia, seguendo la scia di una cannoniera italiana e silurare le navi nemiche. Ma così facendo si infila in un campo minato. Fine della storia. Con Lerch muoiono anche gli uomini del suo equipaggio, tutti poi celebrati come eroi. Certo si era in guerra e il rischio è sempre lì, dietro ogni angolo, in ogni istante. Ma quanto ha contato l’ansia di un singolo a caccia di eroismo sulla sorte di tanti che volevano solo tornare un giorno a casa? E per restare nel campo militare c’è la storia della grande guida alpina Sepp Innerkofler, che viveva facendo l’albergatore e portando sulle cime più belle delle Dolomiti escursionisti di tutta Europa. Nel ‘15 scoppia la guerra con l’Italia e lui, il più esperto, viene reclutato come guida militare per difendere la sua terra. Subito avvisa il comando: bisogna presidiare quella cima (il monte Paterno) perché è essenziale per la difesa. Ma i generali la pensano diversamente. Passa qualche settimana e la vetta finisce in mano italiana. Ed è una spina nel fianco che mette a rischio la tenuta del fronte alpino. Così si chiede al vecchio Sepp di salire sulla montagna e riconquistarla. Impresa disperata. Eppure lui, per senso del dovere sale, combatte e muore. Gli italiani, che ben lo conoscevano, recupereranno il suo corpo tributandogli tutti gli onori. Altro tipo di eroismo. Ogni giorno, nelle battaglie della vita, spuntano degli eroi. Inutile dare giudizi o stendere la lista dei buoni e dei cattivi. Però il pensiero questa settimana omaggia quelli che agiscono non per interesse o perché costretti dagli eventi ma per senso del dovere, amore verso il prossimo, solidarietà o anche voglia di dare gioia e sollievo. Perché quasi sempre le loro storie restano senza targhe e senza medaglie.

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