Il linguaggio è lo specchio del mondo che cambia
Il limite del mio mondo è il limite del mio linguaggio». Lo diceva Ludwig Wittgestein, uno dei filosofi del Novecento che più ha inciso sul pensiero contemporaneo. La sua frase rappresenta l’esatta decodificazione di quello che sta succedendo nel nostro contesto umano e sociale, infarcito di termini anglofoni e di parole tratte dallo slang che si usa sui social. Un melting pot dentro il quale è difficile orientarsi.
Il linguaggio, quindi, mostra la totale contaminazione dei mondi, e riprende pure la sfida tra reale e virtuale. Dentro questo universo ci si può perdere se non si hanno adeguati strumenti di comprensione e a pagarne le conseguenze sono soprattutto quelli un po’ avanti nell’età che sono rimasti fermi alla semiotica di derivazione classica, quella secondo cui ai segni corrisponde un significato ben specifico. Adesso non è più così: ogni parola nasconde una spiegazione che può essere diversa da quello che ci aspettavamo e ci proietta dentro un mondo che non conosciamo.
In questo mondo si approfondisce la distanza generazionale, si percepisce la differenza tra giovani e meno giovani, si entra dentro un labirinto dal quale è difficile uscire perché, come si diceva all’inizio, non si possiedono gli strumenti per trovare la via d’uscita. Torna, dunque, la spiegazione di Wittgestein che ci conduce dentro quel paradigma che interroga la filosofia del Novecento secondo il quale le risposte alle domande essenziali dell’uomo (chi sono, dove sono, dove vado) non possono trovare una risposta concettuale ma si basano solo ed esclusivamente su quesiti linguistici. Il discorso si fa complesso perché difficile e complicata è la filosofia contemporanea, non è semplice e immediata come quella che ci ricordiamo dal liceo e risale al periodo dell’antica Grecia. Anche questo, d’altronde, è un segnale di come la complessità della società viaggi di pari passi con la sua evoluzione e con la difficoltà di comprensione. Il linguaggio ne è specchio fedele. Ormai stacca – come diceva Marshall Mc Luhan – il significato dal significante e porta dentro quella che invece il sommo Dante definiva la Selva Oscura. Come uscirne? C’è una doppia risposta a questa domanda. Come prima reazione ci si può adeguare al linguaggio che cambia e quindi vestire i panni di supergiovane pur avendo ormai una certa età. L’esperimento non sempre funziona. Spesso è patetico. L’alternativa, come avviene di frequente, sta nell’essere se stessi dentro un mondo che cambia. Ciò non significa arroccarsi, chiudersi come un riccio per pungere tutti quelli che la pensano in maniera diversa, ma adeguarsi ai tempi pur mantenendo la propria autenticità. A partire dal linguaggio.