La necessità di essere sempre rivoluzionari
C’è una canzone di Chiesa che mi ha sempre fatto una certa impressione sin da quando ero piccolo e forse ha formato per sempre la mia personalità in senso fortemente nichilistico e dark. Faceva più o meno così (forse si canta ancora ma non lo so perché non vado più a messa): «Se il chicco di frumento non cade nella terra e non muore, rimane da solo: se muore crescerà».
Ecco, l’idea che questo piccolo seme dovesse perire per costruire qualcosa di grande mi dava un po’ fastidio. Ma come – dicevo – il cristianesimo è la religione della vita e qui mi propinano questa storia triste del chicco che finisce sottoterra soffocato? Ah già, pensavo, per la verità c’è pure il sacrificio del Cristo che devo digerire: è il figlio di Dio ma l’abbiamo ammazzato in croce. Insomma, con un po’ di confusione ho affrontato la mia infanzia. Figurarsi l’adolescenza quando scoppiano tutti i quesiti esistenziali nella testa e sono arrivato all’età adulta senza averli ancora risolti. Ma l’immagine del chicco di frumento (Vangelo di Giovanni) mi è tornata spesso nella testa ed ora ne riscopro il valore visto che il seme è decisivo nella trasmissione del codice genetico, del patrimonio di secoli e bisogna sapere guardare oltre la sua morte per capire quanto importante sia la sua trasformazione e il suo divenire altro per trasmettere il passato e farlo ricrescere e rinascere dentro il presente e verso il futuro.
Ecco, non so se la spiegazione sia stata convincente ma il segreto della vita sta proprio in questo perenne cambiamento di stato: da un piccolo semino a una creatura meravigliosa. Questa metamorfosi mi sorprende ancora oggi e mi induce a conservare quel briciolo di fiducia nel futuro che invece veniva demolita dalla canzoncina che io interpretavo solo in modo negativo. Adesso, forse, lo sto capendo: quello che nei millenni è successo nel mondo non è altro che la trasformazione di un seme. Le diverse specie sono andate avanti così. Dalla morte è nata la vita. E così sarà sempre.
La conservazione del patrimonio del passato, inoltre, è un segnale che deve essere conservato con cura in questo mondo di mordi e fuggi, di presente cristallizzato e di costante evanescenza e inutilità di tutto. Il seme ci ricorda che nulla è oggi senza ciò che siamo stati. Ce lo dice la storia. Ce lo insegnano a scuola, senza necessità di tirare fuori la famosa frase di Bernardo di Chartres secondo il quale «siamo nani sulle spalle di giganti». Ma anche – non dimentichiamocelo mai, semi permettendo – rivoluzionari. Questo ce lo spiega Eduard Limonov, l’eroe del libro di Emanuel Carrere che ora è diventato un film. Andate a vederlo.