La bellezza salverà il mondo. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Tante, forse troppe. Ci siamo stancati di ripetere quanto diceva il protagonista de L’idiota di Fedor Dostoevskij, anche perché l’affermazione è stata usata spesso a sproposito. Non è detto, quindi, che sia proprio la bellezza a far sì che questo mondo decadente e senz’anima possa riscattarsi. Ma di sicuro può essere un buon ingrediente per cambiare le cose. Ce ne possiamo accorgere collocando la bellezza dentro il nostro vivere quotidiano dove con questo termine non intendiamo il semplice concetto estetico ma ne associamo uno più simile al buono, confinante con quello che ci piace.
Esiste una naturale attrazione verso ciò che ci sta intorno e che ci fa stare bene, dove il bene non deve però essere inteso come semplice piacere fisico. Dunque il bello – come si diceva sopra – finisce per confinare con il bene e con il buono. Questi non sono concetti nuovi. Tutt’altro. Li sosteneva già la filosofia greca, quella che ci hanno insegnato a scuola e che qualcosa ci deve aver lasciato dentro. Ma non è solo una questione educativa. Non siamo attratti dal bello solo perché ce lo hanno spiegato. Andiamo verso il bello, come si sosteneva all’inizio, grazie a una sorta di calamita naturale. C’è chi associa questo potere attrattivo a una mente superiore – qualcuno lo chiama dio – che ha buttato un granellino della sua infinita superiorità dentro di noi. E quando riconosciamo questa divina componente stiamo bene. Raggiungiamo uno stato di beatitudine che associamo al bello e al bene.
Se non vogliamo, però, concederci voli pindarici. Dunque, senza addentrarci nella parte metafisica che – da Immanuel Kant in poi – dovrebbe essere stata bandita (ma non è vero), resta da capire cosa sia mai questa bellezza di cui tutti parlano e della quale non possiamo farne a meno. In una società edonista come la nostra la risposta viene semplice. È quella imposta dal senso comune. Non è un caso che i social pullulino di persone che provano ad essere più belli possibile per essere accettati. Ma non è questa la strada che ci può condurre verso quel concetto a cui si faceva cenno, che migliora il mondo e lo fa sentire – se non si vuole dire divino – almeno più umano.
La bellezza, dunque, non è un paradigma di tipo consumistico ma è l’esatto opposto. Non porta alla conquista a tutti i costi ma alla contemplazione. Non genera guerra ma produce pace. Dunque, alimenta la condizione di benessere per tutti gli uomini e per tutte le donne del mondo. Basta capire davvero cosa si intenda con questo termine. La sua cattiva interpretazione ha generato guasti. Concediamoci, allora, un minuto di contemplazione del bello al giorno. E tutto, quasi per incanto, migliorerà.