Eravamo tre amici al bar e non volevamo cambiare il mondo ma guardare l’Inter. Marco, Luca e io. Tre padri di figli più o meno adolescenti parlano quasi sempre di figli più o meno adolescenti. Quella sera perfino un po’ più del solito, anche per evitare la campagna elettorale e gli psicodrammi nerazzurri, e si parlava di social network. Lo ammetto, credo di aver provocato io il dibbbbattito. «Io non le lascio ancora usare Instagram: crea distorsioni della comprensione della realtà e alterazioni dell’evoluzione emotiva delle personalità». «Io non ho ancora deciso bene, per fortuna ho qualche mese per pensarci, ma intanto usa Whatsapp, lo stato di Whatsapp, che io manco so effettivamente che cosa sia». «Io gli lascio usare Instagram e TikTok, quello è l’ambiente naturale della loro generazione, toglierlo mi sembrerebbe di renderlo isolato, spero che usandoli si faccia anche tutti gli anticorpi che servono per non farsi e far male con i soscial». E questo è il punto. A che età si ha la maturità giusta per comprendere rischi, pericoli e opportunità dei social? Oppure, al contrario, è meglio che da subito si entri nelle infernali scatole magnetiche con video di ragazze sorridenti che parlano poco vestite ma in corsivo, con fotografie di gente perennemente in vacanza, sempre felice, con ritratti di famiglie perfette e selfie di super machi di una certà età che ogni due giorni fanno 20 chilometri a piedi o un centinaio in bici, sudatissimi, ma prontissimi a dirlo al mondo: «Eh, già, come vedete, sono ancora in forma»? Detto che, come ricorda il grande narratore e psicanalista lacaniano Massimo Recalcati, «ogni figlio è unico» e dunque non esistono soluzione globali a problemi e temi individuali, personali, per rispondere a questo dilemma bisogna scioglierne un altro, il seguente: i social network sono strumenti di comunicazione di massa o ambienti (virtuali) dove viviamo – in modo diverso, ma comunque viviamo -, amiamo, corteggiamo, studiamo, compriamo, viaggiamo, impariamo, odiamo, ci arrabbiamo, ci scriviamo, stiamo assieme? Se li si considerano strumenti di comunicazione di massa, va valutata la portata in uscita e la forza in entrata dei messaggi di ogni tipo per capire a quale età si è pronti a tutto ciò o per lo meno adeguati a difendersi. Se i social sono un ambiente, anzi, l’ambiente più frequentato oggi, il liquido amniotico per soggetti nella fase di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, allora conviene che il prima possibile tutti si facciano gli anticorpi necessari per vivere al meglio nel mondo là dentro, nei mondi là dentro.
Ovviamente qui non esiste la soluzione, anche perché pure ogni genitore è unico, ma c’è una sensazione, quella che si possa cambiare il mondo dei social, ma non negarne l’esistenza.