I nostri ricordi sono profumi, odori, essenze. Non in senso metaforico, proprio in senso letterale. L’idea (non nuova) mi è ritornata leggendo un bellissimo libro in cui l’autore diceva una cosa verissima: nei miei ricordi felici c’è sempre una pineta. Lui, Antonio Pascale, parlava di aghi di pini da sentire sotto piedi nudi e ragazzini. Però anche questo è un profumo, anche le immagini lo diventano nelle nostre menti e soprattutto nei nostri cuori raffreddati dalla quotidianità.
La nostra memoria viene attivata da profumi, i nostri rammenti del passato sono odori che soltanto noi riconosciamo come nostri, che soltanto noi sappiamo (ri)miscelare con parole, piatti, abracci e litigate. E non li riusciamo a spiegare, a descrivere, a volte nemmeno a identificare, quei profumi trigger, quei grilletti premuti di pace interiore. Perché i ricordi sono così: come fai a esprimerli, soprattutto mentre li stai vivendo, godendo, curando? Il mare, per me, è un profumo secco e ventilato che sentivo appena poggiavo il primo piede in suolo sardo. Oleandri? Forse, anche. L’estate per me è clima da tinello, fiori di zucca fritti ma dolci, gnocchi di patate e appretto di sottovesti di nonna o lacca di pettinatrice. Il mare, per tutti noi, è il profumo industriale di una crema doposole. Delle case dei nostri lutti più cari e dolorosi ricordiamo soprattutto l’odore: apri quella porta e c’è, chiudi quella porta e non c’è più. E vai a ricercarlo in sciarpe, oggetti. Un tempo si mettevano conchiglie e sabbie in barattoli, penso fosse proprio per questa meritoria e illusoria speranza di chiudere dentro un luogo a portata di mano un’esperienza e un affetto a portata di malinconia. Impossibile. La sera, per me, era un profumo di grilli che smetteva mai, muffa e umido le raccolte dei funghi, sciolina e freddo le vacanze a sciare, borbottii di sughi e conserve i settembre di lacrime e pianti – fine estate, fine vacanza, fine spensieratezza, fine sere tardi – un attimo prima dell’appello in classe, essendo peraltro molto spesso il primo dell’alfabeto. Fai presto. Un giorno, studiando in biblioteca, tra codici e combinati disposti di norme, sentii una vaniglia mista a qualcosa. Doveva esserci lei, a studiare poco più in là. Alzai lo sguardo tra le volte alla Harry Potter, guardai, guardai, ma non avevo dubbi, l’amica era là, anni dopo l’ultima volta, molto più brava e molto più bella tra codici e combinati disposti perfettamente applicati al suo futuro. Nei ricordi anche i rumori – lo stadio e il tifo – diventano odori – salamelle e caldarroste. Nei ricordi anche i paesaggi diventano profumi, tigli, pini romani. Pitosforo. Ecco, Roma è essenzialmente la capitale imperiale dei profumi (e purtroppo anche degli odori).
Il nostro corpo ha cinque sensi e la nostra vita infinite ambientazioni, ma soltanto un senso è in grado di farci sfogliare l’album dei ricordi, girare le pagine e passare da una dimensione a un’altra. Così, a naso, soprattutto uno.