Sulle questioni esistenziali, quelle che toccano il senso della vita, non esistono domande semplici, esistono soltanto domande di cui abbiamo trovato, o comunque conosciamo, la risposta. Ora, provate a dare una risposta a questa semplice domanda: come si diventa felici? Ecco, da questo interrogativo familiare, posto da una figlia, parte il viaggio di Alessandro Cattelan su Netflix, una trasmissione in più puntate e più interviste e più trovate spettacolari, fino al culmine assoluto di un conduttore di X Factor che partecipa a un altro X Factor come cantante. È certamente molto ambizioso, come progetto, certamente molto originale, nella sua straordinaria banalità: perché chi non si chiede ogni giorno che cosa sia la felicità? E soprattutto chi non cerca risposte da amici, conoscenti saggi, guide spirituali, psicoanalisti e perfino social media o motori di ricerca?
Il bello del viaggio, che peraltro già potrebbe essere una risposta alla suddetta domanda, sta nella scelta degli interlocutori, un bianchissimo e limpido Roberto Baggio, un dolcissimo e saggio, Gianluca Vialli, gente che si vuole sposare, gente che (non) vuole lanciarsi da un ponte imbragata a un elastico, persone credenti di vari credo, un amico del protagonista, attore e comico, Francesco Mandelli, un per nulla disunito premio Oscar, come Paolo Sorrentino, Elio che è Elio delle storie tese, e altri ancora. Ecco, in questi “altri ancora” ci sono i due veri guru, i due veri super cuochi nella cucina della nostra contentezza. Qui non si spoilera, qui si conversa, dunque lasciamo la sorpresa. Conversiamo però a proposito del fatto che spesso cerchiamo la felicità nelle cose da fare e forse potremmo invece iniziare dalle cose da non fare. Anche se il gioco narrativo scelto da Cattelan è l’opposto e in questo senso è riuscito. Cattelan, infatti, risulta credibile, nella sua ricerca della felicità, non soltanto perché è un conduttore fresco e spontaneo, ma perché sembra sinceramente togliere dal cassetto dei suoi sogni alcuni piccoli desideri realizzati in questa serie di sedute psicoanalitiche molto ambulanti. E mentre tu sei lì che ti diverti, che ridi alle battute, tipo: «La felicità non è parlare con i cani. Anzi, un po’ sì, basta che non ti aspetti che ti rispondano…», arriva un volto stupendo che ha perfino il coraggio di spiegarti che è tutto sbagliato quello che abbiamo sempre pensato, non è affatto vero che la felicità sia una misteriosa miscela di congiunture astrali, talenti personali, destini fortunati, incroci benedetti di sguardi e di parole. Ma va, la felicità non è una cosa che assomiglia a qualcosa di artistico. È una cosa che assomiglia a qualcosa di matematico. Ne esiste, infatti, l’equazione. Eccola.