Su Netflix ma anche su YouTube c’è un documentario che spiega, se non tutto, molto di quanto sta accadendo sulla barricata della resistenza ucraina all’invasione russa. S’intitola Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom. Racconta la battaglia della piazza Maidan (che poi vuole dire proprio “piazza”), quando nel 2014 giovani e no ucraini sconfissero l’arroganza e la violenza della leadership di Kiev di allora, filorussa, iper-corrotta, non europeista e molto agguerrita tra manganelli e strumenti repressivi più raffinati.
Ora, sarebbe sbagliato e un po’ risibile dire che se Vladimir Putin avesse visto questo documentario fatto di voci e immagini, anche dure, molto dure, non avrebbe sottovalutato, com’è invece accaduto, la resistenza ucraina, ma certamente avrebbe colto alcuni dati di fatto che oggi, sotto le bombe in terra di Kiev, non deperiscono, non ammainano bandiera. Soprattutto non si ammainano facilmente le bandiere giallo-blu della nazione che ha voluto e vuole liberarsi di un passato russocentrico e di tentazioni presenti russocratiche. Che poi giallo e blu sono anche i due colori dell’altra bandiera che almeno da allora gli ucraini non vogliono ammainare, quella dell’Unione europea. Ecco, anche qui, sarebbe sbagliato dire che l’Europa nasce più nella piazza gremitissima ed euroentusiasta di Kiev ritratta dal documentario, come nelle vie dei giovani volontari della resistenza ucraina raccontate sui social in queste drammatiche ore, perché almeno da Ventotene in poi la scalcagnata, a volte antipatica e spesso distratta Europa comunque di strada ne ha fatta, e si è allargata, e si è rafforzata, e ha affrontato anche una pandemia globale. E oggi le voci antieuropee nelle terre d’Europa si sono lentamente affievolite grazie all’evidenza clamorosa dell’importanza di affrontare problemi globali all’interno di alleanze che possono competere e cooperare a livello globale.
Detto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni sono che quando un popolo crede in qualcosa di solito viene sottovalutato da chi non crede in nulla (o quasi). In Winter on fire si vede un popolo, sfaccettato, complesso, colto, profondo, ma sicuramente convinto di voler vivere in pace, in libertà, in democrazia, in Europa. E scusatemi se è poco. La forza delle idee, spesso perfino di una sola idea, non può essere costruita a tavolino, sceneggiata, artefatta: quando c’è, questa forza, si svolge facilmente in narrazione con spontanea naturalezza, quella spontanea naturalezza che ti fa superare la paura, che ti dona un po’ di incoscienza, quell’incoscienza che i leader devono sempre gestire, ma che i popoli non possono che sublimare in tenacia e audacia.