C’è poco di così pieno come un silenzio, come ci sono tante cose vuote come molte parole. Serena Minazzi mi aveva appena mostrato la copertina di questa edizione di Oltre e io riflettevo, tra me e me: «Certo, che edizione difficile, esce in un periodo che ci riporta ai giorni più bui della nostra storia, oltre ogni immaginazione…». Poco dopo queste riflessioni tra il professionale e il personale, una cara amica, Ema, una procacciatrice di pensieri e riflessioni notturne, mi mandava il link a una pagina web con parole densissime di Chandra Livia Candiani: «Bisogna tacere come fanno i lupi». È il verso di una poesia. Ma che cosa significa «tacere come fanno i lupi»? Chiede giustamente Elisabetta Bucciarelli, nella conversazione per BookBlister (Pillole di libri e altre storie). «Immagina il silenzio di un lupo. È il silenzio di chi è sottotiro. Il silenzio della tensione verso la riflessione non pensata ma avvertita, come possibile equilibrio nell’azione, come varco. Quando più niente può essere detto, perché tutto è già stato detto e frainteso, c’è il silenzio che precede l’azione intonata a salvarci», dice Chandra Livia Candiani. E aggiunge: «La guerra mi ha ammutolita. Sembra così non contemporanea». Ecco, il silenzio pure, sembra così non contemporaneo. Eppure il contemporaneo ama il pieno, l’immaginazione, la creazione continua. Eppure che cosa meglio del silenzio, di un silenzio da lupi, può favorire il riempimento, la fantasia, la creatività. Il silenzio è l’attimo prima del tutto, forse anche l’attimo dopo. Quindi dobbiamo sperarlo, cercarlo, amarlo. “Che in principio era il Verbo” non va scomodato. “Che un bel tacer non fu mai stato scritto” non va banalizzato né attribuito come citazione perché semplicemente non si sa. Ecco, del silenzio non si sa nulla, ma allo stesso tempo lo conosciamo benissimo: il silenzio di quando non ci parliamo per rabbia, di quando non proferiamo parola per tristezza o angoscia, di quando è perché stiamo ascoltando, di quando è che ci stiamo riposando, di quando sappiamo che sta per scoppiare un pianto o una risata, di quando abbiamo paura, di quando cerchiamo di sentire ciò che non è facile sentire.
Il silenzio è la nostra naturale predisposizione prima che qualunque sovrastruttura, lingua, sensazione senta la necessità di impossessarsi della nostra identità espressa dalle nostre parole. Il silenzio è la casa dei nostri pensieri più puri, più immoralisticamente sinceri e dunque etici. Il silenzio è tutto ciò che ci rimane quando abbiamo dimenticato tutto, quando ci siamo liberati di tutto, quando abbiamo soltanto voglia di noi.