L’idea che sia soltanto un fumetto è ovviamente spazzata via al primo cambio luci o alla prima battuta della coscienza del protagonista sotto forma di Armadillo e sotto voce di Valerio Mastandrea. Strappare lungo i bordi, la serie televisiva di e con Zerocalcare su Netflix, è davvero tante cose, oltre naturalmente a un corso accelerato di romanesco per biellesi e non soltanto.
È un romanzo di formazione, sei sedute di psicanalisi generazionale e capitolina, una storia di e tra amici, l’autobiografia di una “cintura nera di come si schiva la vita” ma non gli affetti, quinto dan. Ma più di tutti l’opera di Zercocalcare ha un merito unico, di questi tempi. Più delle battute comiche, più delle sottolineature a temi sociali anche se soltanto accennati, ma comunque spiattellati lì, nel bel mezzo di una mezza risata, più del tratto – chi lo ama, chi meno, chi dice che in fondo in America ce ne sono e ce ne furono di migliori, e figuriamoci che no – più del mettere alla prova una regia informatica applicata a un’arte figurativa, c’è un merito che merita più attenzione dell’uso sapiente dei colori, del giorno e della notte, della colonna sonora da urlo, delle capacità caricaturali e bozzettistiche dello sceneggiatore, autore, disegnatore.
Il grande merito è naturalmente nell’aver capito di che cosa abbiamo più bisogno in tanti, forse tutti, di questi tempi. Per superare le indefinitezze delle nostre vite, le cicatrici di amori perduti, di lavori annoiati, di sogni abbandonati alla prima curva in salita, abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci aiuti. Di un respiro di sollievo, di qualcosa di dolce, il mitico gelato del tormentone del Secco, altro protagonista della serie. E questo qualcosa Zerocalcare ce lo mette fin dalle prime scene. Non è malinconia, non è nemmeno ironia. Non toglie nemmeno nulla alla chiarezza del racconto e anche alla determinazione dei vari messaggi. Zerocalcare sparge questo ingrediente per tutti i primi cinque episodi ma senza che il suo sapore prevalga sugli altri, senza che il suo nome si evidenzi in modo chiaro. Nei primi cinque episodi ti prepara ad accogliere l’ospite più gradito, ti prende per mano per aiutarti ad accettare te, gli altri, il mondo, ma ti fa anche sempre venire il sospetto che per fare tutto ciò tu abbia bisogno di qualcosa, di una specifica cosa, dell’ingrediente segreto che rende la vita vivibile, le persone meritevoli di attenzione e la serie televisiva di successo. È l’arma finedimondo anche se spesso viene erroneamente descritta come una forma di debolezza. E invece è tutto l’opposto e invece è la chiave nella toppa del sesto episodio. Zerocalcare è bravo perché te la fa provare da subito ma te la svela alla fine, non è uno spoiler: abbiamo bisogno di tenerezza.
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